Cello Sonata

La sfida più ardua quando si trascrive un brano leggendario come questo è il confronto che ogni ascoltatore farà con il suono della partitura originale. Dobbiamo distaccarci da quell’idea con coraggio e creare una dimensione diversa. Nel primo tempo l’arpa può incarnare un universo mistico e ultraterreno, nel secondo i pizzicati del violoncello riescono a mescolarsi a quelli dell’arpa creando una stupenda unione timbrica, infine nel terzo le corde pizzicate donano il ritmo e la sonorità di una ballata antica con grande grazia e eleganza.

Nell’intero brano ho apportato pochi ritocchi rimanendo completamente fedele sia nella tessitura, evitando quei cambi di ottava dall’effetto mediocre a volte utilizzati, e riducendo allo stretto indispensabile l’eliminazione di alcune note d’accompagnamento. Ho riscritto enarmonicamente i passaggi più laboriosi e indicato le tecniche più efficaci per ottenere gli effetti. Questa Sonata necessita di una capacità tecnica da parte dell’arpista forse unica, soprattutto nel suonare i bassi. Il pianoforte è capace di suonare una nota puntata nella sua ottava più bassa chiaramente; qui l’arpista dovrà invece posare l’arpa completamente a terra e piegarsi per suonare le corde metalliche alla loro base con forza per poi smorzarle a ritmo con precisione. Ho utilizzato gli armonici in alcuni punti sia per facilità il raggiungimento di quell’universo mistico di cui parlavamo prima, sia per ottenere un suono più soffice e piano senza sforzo.